Temere la DAD è un falso problema…

Perchè parlare di didattica connessa al benessere? E’ semplice, la didattica a distanza ha cambiato le vite di milioni di famiglie che si sono trovate ad affrontare una situazione totalmente sconosciuta con delle ricadute a livello psicologico veramente pesanti. La sua prosecuzione ha sollevato un polverone di critiche da tutte le parti, genitori, studenti ed insegnanti. In realtà ciò accade perchè mancano le informazioni necessarie per un uso corretto di questo strumento che, se ben utilizzato e con le giuste competenze, può produrre grandi risultati. Siamo tutti d’accordo che la scuola sia un elemento aggregativo e sociale, ma dovremo aspettare ancora del tempo prima che siano superati i distanziamenti che oggi rendono la presenza in classe uno scarso strumento di socialità.

Intanto va detto che nessun metodo di insegnamento deve escludere gli altri e che quindi il miglior risultato si ottiene con un mix  additivo di risorse a disposizione. Poi il timore che gli studenti si aiutino con internet, whatsapp, genitori o anche solo copiando e quindi che la valutazione sia falsata, dipende dalla struttura degli strumenti di verifica e dal risultato che si vuole ottenere. Se si pensa alla classica verifica con conoscenze e obiettivi semplici, avere materiali a disposizione falsa i risultati. Ma i docenti stanno iniziando a cambiare approccio e creano verifiche e test in cui gli allievi – in presenza – hanno tutto o parte del materiale a disposizione perchè vengono richieste riflessioni, collegamenti, manipolazioni articolate dei contenuti. Da questo discende che la valutazione sommativa online può essere un ottimo strumento valutativo.

In questo contesto gioca un ruolo determinante il tempo: se il tempo è inferiore al consueto, anche avendo tutti i materiali a disposizione, se non si hanno idee chiare poco si potrà fare per descrivere bene gli argomenti indicati nel test. Chi non ha studiato affatto e non conosce a fondo i contenuti, faticherà a trovarli e ad organizzarli in un tempo ridotto. Diventa difficile anche solo trovare conoscenze e copiare una frase.

Vorrei fare qualche esempio pratico. Se per la valutazione ci si basa su conoscenza, comprensione ed analisi (usando i verbi ricordare, riconoscere, dire con termini propri, identificare, tradurre, classificare e dedurre), avere i materiali a disposizione falsa il risultato. Se invece si fanno sintesi, si valuta e si fanno confronti (usando i verbi pianificare, argomentare, proporre, creare e valutare) i materiali a disposizione sono un supporto che non falsa il risultato ma anzi aggiunge degli ulteriori parametri di valutazione. I ragazzi possono essere sollecitati a scegliere tra più procedure, a prevedere quali risultati inaspettati potrebbero generarsi, a prevedere cosa potrà succedere se si applicassero nuove variabili, a capire come influiscono elementi storici sulla vita di oggi.

I docenti dovranno passare da una didattica “orientata al risultato” ad una didattica “orientata al significato”. Per chi volesse approfondire può leggere la tassonomia di Bloom.

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Produzione di carne biologica e clima…

L’analisi effettuata dallo studio ha rilevato che anche la carne con il minore impatto ambientale era decisamente più dannosa rispetto ai peggiori alimenti vegetali.

Il costo del danno climatico causato dalla produzione di carne biologica non è differente da quello della carne di allevamento convenzionale. In termini di salute la questione è ben diversa. L’analisi ha stimato le emissioni di gas serra derivanti da diversi alimenti ed ha stimato quanto i prezzi di questi ultimi dovrebbero aumentare per coprire i danni che causati al clima.

Lo studio ha rilevato per il manzo e per l’agnello, che la produzione biologica e quella convenzionale comportano costi climatici simili. Il pollo biologico risultava leggermente peggiore per il clima mentre il maiale biologico produceva risultati leggermente migliori rispetto alle loro produzioni industriali.

Le emissioni convenzionali del bestiame provengono dal letame e, per le mucche e le pecore, dall’emissione di metano. Il grano con cui vengono nutriti gli animali può anche comportare emissioni elevate, soprattutto se associato alla deforestazione, come in Sud America.

Il bestiame biologico non viene nutrito con foraggi importati e viene spesso nutrito con erba, ma questo significa che producono meno carne e crescono più lentamente, quindi impiegano più tempo a emettere gas serra prima della macellazione, è stato rilevato nella ricerca. Le piante coltivate biologicamente hanno la metà dei costi climatici dei prodotti convenzionali in quanto non dipendono da fertilizzanti chimici, ma tutte le piante hanno emissioni di gran lunga inferiori rispetto ai prodotti animali.

La ricerca afferma che serve urgentemente creare politiche per garantire che i prezzi degli alimenti riflettano i loro costi reali anche con l’apposizione di specifiche tasse. Sarebbe giusto che i consumatori che seguono diete costose per il clima ne paghino i costi, coprendo i danni dell’aumento delle tempeste, delle inondazioni e della siccità che si diffondono a tutto il pianeta. Le entrate ottenute dovrebbero essere utilizzate per aiutare le famiglie più povere a gestire gli aumenti dei prezzi e per incentivare gli agricoltori a essere più rispettosi dell’ambiente.

L’aumento richiesto nei prezzi pagati agli agricoltori per coprire i costi climatici porterebbe a un incremento di circa il 40% dei prezzi al pubblico della carne convenzionale. L’aumento del prezzo della carne biologica sarebbe del 25% circa, perché già ora più costoso. Il latte convenzionale aumenterebbe di circa un terzo mentre il latte biologico di un quinto. Il prezzo degli alimenti vegetali non cambierebbe affatto.

La ricerca ha analizzato la produzione alimentare tedesca, ma gli scienziati hanno affermato che i risultati sarebbero stati simili per qualsiasi paese dell’UE. Ha considerato solo il bestiame allevato in Germania, ma ha tenuto conto delle emissioni di mangimi importati, come la soia.

“Ci aspettavamo che l’agricoltura biologica avesse un punteggio migliore per i prodotti di origine animale ma, per le emissioni di gas serra, in realtà non fa molta differenza”, ha affermato Maximilian Pieper, dell’Università tecnica di Monaco e che ha guidato la ricerca. “Ma sotto certi altri aspetti, il biologico è sicuramente migliore dell’agricoltura convenzionale”. L’abuso di fertilizzanti chimici e la cattiva gestione del letame causano inquinamento dell’acqua e dell’aria, mentre i pesticidi possono danneggiare la fauna selvatica.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, ha utilizzato la stima del governo tedesco dei costi dei danni climatici – 180 € per tonnellata di CO2 – che si basa sul lavoro del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici. Ha scoperto che il prezzo alla stalla della carne bovina dovrebbe essere superiore di oltre 6 €/kg per coprire i costi climatici e di circa 3 €/kg in più per il pollo.

“I costi dei danni climatici per la carne sono particolarmente evidenti se li si confronta con le altre categorie”, ha affermato Pieper. “Gli aumenti di prezzo richiesti sono 10 volte superiori a quelli dei prodotti lattiero-caseari e 68 volte superiori a quelli dei prodotti a base vegetale”.

“La differenza sta nel fatto che quando hai un campo di vegetali e li mangi direttamente, le emissioni scompaiono”, ha detto. “Mentre per produrre 1 kg di carne bovina sono necessari 42 kg di mangime. Questa inefficienza spiega il divario do costi“.

“L’analisi conferma gli alti costi che gli alimenti di origine animale hanno per il pianeta”, ha affermato il dott. Marco Springmann, dell’Università di Oxford, nel Regno Unito, che non fa parte del gruppo di studio. “Le implicazioni politiche sono chiare: l’applicazione di un prezzo delle emissioni in tutti i settori dell’economia, compresa l’agricoltura, fornirebbe un incentivo coerente e necessario per passare a diete più sane e sostenibili prevalentemente a base vegetale”.

Oltre ai danni ambientali, gli attuali livelli elevati di consumo di carne nei paesi ricchi danneggiano la salute delle persone. Una ricerca di Springmann e colleghi nel 2018 ha calcolato che sarebbe necessaria una tassa del 20% sulla carne rossa per coprire i costi sanitari associati e una tassa del 110% sui prodotti trasformati come il bacon, che sono ancora più dannosi.

https://www.nature.com/articles/s41467-020-19474-6

La Danimarca ha detto addio al petrolio…

E’ passato un mese da quando il governo danese e diversi partiti di opposizione hanno concordato di sospendere il prossimo round di licenze e di fissare per il 2050 la fine totale dello sfruttamento petrolifero nel Mare del Nord, da cui viene estratto il petrolio Brent, riferimento per il greggio in Europa. La Danimarca, nonostante sia un piccolo produttore, produce più petrolio dell’intera UE dopo l’uscita del Regno Unito.

L’accordo, concluso poco prima della mezzanotte del 15 dicembre 2020, ha il sostegno di sei partiti che rappresentano più dei tre quarti dei seggi nel parlamento danese. La decisione arriva il giorno dopo che l’OPEC ha annunciato un accordo per recuperare gradualmente i livelli di produzione del greggio dopo i tagli a causa del covid.

La decisione arriva dopo che la francese Total ha annunciato pochi mesi fa il ritiro della sua domanda, così come altre due società delle quattro inizialmente interessate, che avevano provocato un rinvio dell’ottavo round di licenze.

La Danimarca è il più grande produttore di petrolio dell’Unione Europea (UE), dopo la partenza del Regno Unito, con circa 137.000 barili al giorno nel 2019, numero 39 a livello mondiale, ben lontana dalla produzione dei grandi. Tuttavia, il mondo produce circa 100 milioni di barili al giorno, paesi come Stati Uniti, Russia o Arabia Saudita pompano circa 10 milioni di barili al giorno. La Danimarca è un granello di sabbia nel deserto.

“Abbiamo posto fine all’era del fossile e stabilito una linea di demarcazione tra le nostre attività nel Mare del Nord e l’obiettivo della legge sul clima, approvata nel 2019, di raggiungere la neutralità delle emissioni entro il 2050″, ha affermato il ministro Energia, Dan Jørgensen.

La Danimarca ha iniziato la sua attività petrolifera nel Mare del Nord nel 1972 e attualmente ha 55 piattaforme in 21 giacimenti, 15 di petrolio e 6 di gas, che saranno anch’esse smantellate.

Dall’inizio dello sfruttamento nel Mare del Nord, lo stato danese ha guadagnato circa 514.000 milioni di corone (69 miliardi di euro) e prevede di ottenere tra 88 e 240.000 milioni di corone (12 e 32 miliardi di euro) fino al 2050, secondo i dati di la Direzione Generale dell’Energia.

 

Semi antichi: il patrimonio vegetale che rischia di scomparire…

L’agricoltura intensiva ha messo seriamente a repentaglio la biodiversità vegetale: alcuni organismi vegetali vengono selezionati e standardizzati (patate, riso, mais e grano) costituendo il 50% degli alimenti prodotti a scapito di altri vegetali che stanno gradualmente scomparendo.

Esistono tante varianti oggi considerate “strane“, che oltre ad essere un patrimonio dell’umanità sono ricchissime di valori nutrizionali. Stiamo parlando di semi antichi”.

Cosa sono di preciso?

Sono dei semi che non vengono quasi più utilizzati perchè hanno bassa produttività, ma costituiscono lo stesso un patrimonio della Natura.

Nel caso dei pomodori, ad esempio, esistono semi che danno vita a varietà gialle, bianche, arancioni, violette, nere, verdi e zebrate. Sono tutte le varianti di semi antichi di pomodoro realmente esistenti, ma che nelle nostre scelte alimentari non selezioniamo come “appetibili”.

I mercati vogliono solo pomodori grandi, rossi e sugosi, ma così facendo perdiamo tutta la biodiversità vegetale presente in natura. Sono infatti i più coltivati e i più facili da produrre per cui meglio la quantità piuttosto che la diversità.

Negli ultimi cento anni, migliaia di varianti tradizionali selezionate dai contadini, coltivate da generazioni sono state sostituite dall’agricoltura industriale, con un numero ridotto di varietà moderne.

I semi delle antiche varietà sono un modo per opporsi alla cosiddetta erosione genetica, ossia al processo di omologazione del patrimonio genetico dei vegetali, per nutrirsi di cibo dal valore nutrizionale più alto.

Semi antichi: dove acquistarli?

A questo proposito esiste una banca dei semi antichi, nella quale è possibile acquistare tutte le varianti vegetali che stanno andando incontro a erosione genetica. Si tratta di una banca che conserva i semi dal germosperma, e non deriva da ibridi (come invece si suole fare tra coloro che scambiano semi). I semi vengono divisi in lotti e disidratati. Dopodiché sono conservati in appositi contenitori alla temperatura di 5 C° in ambiente con umidità dal 3 al 5%.

I semi antichi più conosciuti sono quelli del pomodoro. Oltre ad avere diverse varianti di colore, essi hanno anche differenze relative alla polpa: dolce, soda, compatta o acquosa.

https://www.cercatoridisemi.com/banca-dei-semi

Il buco nello strato di ozono nell’Artico si è chiuso…

L’enorme buco era stato prodotto da temperature insolitamente gelide al Polo Nord. Nelle scorse settimane è stato chiuso grazie ad un’ondata di caldo che ha invaso la zona.

L’Artico era una delle aree del mondo con il più grande buco nello strato di ozono stratosferico ma nelle ultime settimane, a causa di un’ondata di caldo, è stato chiuso, secondo l’Atmosphere Monitoring Service sul proprio account Twitter.

In questo modo, lo strato di ozono si sta riprendendo completamente. Sebbene molti credessero che fosse una conseguenza positiva della pandemia di coronavirus che ha ridotto l’inquinamento globale, la buona notizia è legata all’ondata di caldo anormale che ha invaso il Polo Nord.

” Il vortice polare è stato diviso, consentendo l’irruzione di aria ricca di ozono nell’Artico, un ciclone persistente su larga scala nell’area situata nella troposfera media e superiore e nella stratosfera, hanno spiegato da Copernico e hanno aggiunto che sebbene il vortice polare non è ancora giunto al termine e si riformerà nei prossimi giorni, i valori dell’ozono non torneranno ai livelli molto bassi visti all’inizio di aprile.

Il buco di oltre un milione di chilometri quadrati nello strato che protegge la Terra dalle radiazioni ultraviolette è stato scoperto alla fine di marzo. Ad aprile, l’Agenzia spaziale europea (ESA) ha confermato la sua esistenza utilizzando i dati del satellite Sentinel-5P di Copernicus.

Gli scienziati attribuiscono la sua formazione a condizioni atmosferiche insolite e insolitamente gelide nella stratosfera che hanno causato l’apertura di questo buco nello strato di ozono stratosferico sull’Artico questa primavera.

Dovrebbe essere chiarito che queste alte temperature polari non dureranno a lungo. Tuttavia, quando la condizione gelida si ristabilisce, si prevede che l’apertura dell’ozono rimanga chiusa; anche se con poco spessore e densità.

Tuttavia, è ancora una notizia incoraggiante. È importante che ci sia continuità nella copertura dell’atmosfera. Non dimenticare che è l’unico modo per mantenere la protezione dai raggi ultravioletti.

In questo modo, sembra che la natura abbia dimostrato le proprie risorse per equilibrare il pianeta. Tuttavia, questo ha un dettaglio: il calore fa sciogliere la calotta polare. Tuttavia, l’ondata di caldo dovrebbe finire presto.

Anche l’anidride carbonica altera l’equilibrio atmosferico. Finché questo gas continuerà ad essere rilasciato senza scrupoli, il nostro strato di ozono avrà ancora una volta pericolose aperture.