L’Ecuador venderà parte della sua foresta pluviale amazzonica alle compagnie petrolifere cinesi…

Non c’è bisogno di dire quanto la foresta amazzonica sia importante per la vita di tutti noi. Contiene flora e fauna di grande importanza e rappresenta un bacino indispensabile di biodiversità. Ma purtroppo il governo ecuadoriano, stretto dai debiti nei confronti della Cina ha deciso di vendere 1/3 della superficie della foresta pluviale. Una vera catastrofe per la nostra salute.

Secondo Business Insider, l’Ecuador sta pianificando di mettere all’asta tre milioni di 8,1 milioni di ettari di foresta pluviale amazzonica incontaminata alle compagnie petrolifere cinesi, riferisce Jonathan Kaiman di The Guardian.

Il rapporto arriva quando l’inquinamento da idrocarburi ha costretto il vicino Perù a dichiarare uno stato di emergenza ambientale nella sua foresta pluviale amazzonica settentrionale.

L’Ecuador è in debito con la Cina oltre 7 miliardi di dollari – oltre un decimo del suo PIL – a partire dalla scorsa estate.

Nel 2009 la Cina ha iniziato a prestare all’ Ecuador miliardi di dollari in cambio di spedizioni di petrolio. Ha anche contribuito a finanziare due dei più grandi progetti di infrastrutture idroelettriche del paese e la China National Petroleum Corp  potrebbe presto avere una  quota del 30%  in una raffineria di petrolio da 10 miliardi di dollari in Ecuador.

“La mia comprensione è che questo è più un problema di debito – è perché gli ecuadoriani sono così dipendenti dai cinesi per finanziare il loro sviluppo che sono disposti a scendere a compromessi in altri settori come le normative sociali e ambientali”, Adam Zuckerman, ha dichiarato al Guardian un attivista per i diritti umani della ONG californiana Amazon Watch.

I sette gruppi indigeni che vivono sul quelle terre non sono felici, soprattutto perché l’anno scorso un tribunale ha stabilito  che i governi devono ottenere “consenso libero, preventivo e informato” dai gruppi nativi prima di approvare le attività petrolifere sulla loro terra indigena.

“Non ci hanno consultato e siamo qui per dire ai grandi investitori che non hanno il nostro permesso di sfruttare la nostra terra”, ha detto Narcisa Mashienta, leader del popolo Shuar dell’Ecuador, in un rapporto: guarda il video

Dan Collyns di The Guardian riferisce che “gli indigeni che vivono nel bacino del fiume Pastaza, vicino al confine del Perù con l’Ecuador, si sono lamentati per decenni di gravi forme di  inquinamento “, che è stato causato da alti livelli di composti legati al petrolio nella zona. La società argentina Pluspetrol gestisce i giacimenti petroliferi dal 2001.

Orchidea: ottima contro lo stress rilascia ossigeno di notte…

A cura della redazione di AmbienteBio

L’orchidea è un fiore che rallegra tutti gli ambienti della casa; si può tenere anche in camera da letto poiché durante la notte rilascia ossigeno (nella foto di apertura una splendida immagine di orchidea selvatica).

Questo flusso di ossigeno è benefico e salutare per l’uomo e riduce il rischio di attacchi di panico, ansia e insonnia. In particolare le orchidee di Dendrobium spogliano l’aria di xilene e altri solventi chimici che inconsapevolmente inaliamo per l’uso di detergenti, scarichi e scarti di pittura in casa.

Le orchidee inoltre riducono lo stress! Innumerevoli ricerche hanno confermato che i fiori, come le orchidee, hanno effetti emotivi positivi.

Secondo l’ultimo studio dell’Università della North Florida, un enorme 68% delle persone ha confessato di essere stressato su base settimanale, il 32% afferma di essere stressato ogni giorno e il 25% di questi intervistati erano donne.

Le donne che vivevano e ricevevano fiori erano in grado di abbassare significativamente i livelli di stress e trasformare il loro umore in una disposizione felice e positiva.

Un po’ di storia…

Le orchidee sono tra le piante più antiche del mondo: la loro nascita si colloca a circa 65 milioni di anni fa. Alcuni resti sono stati rinvenuti sul Monte Bolca presso Verona.

Il loro nome si deve a Teofrasto, filosofo dell’antica Grecia che scrisse un trattato botanico dal nome “De Historia Plantarum”. In questo trattato parla di alcune piante che avevano due tubercoli rotondeggianti alla base delle radici…. da qui il nome “Orchis“, che in greco antico significa testicoli.

Si deve però arrivare al XI secolo, per trovare il primo vero e proprio trattato di coltivazione delle orchidee pubblicato in Cina.

I cinesi amavano e amano molto questo fiore tanto da essere associato alle loro feste di primavera. Inoltre ritengono che avere un’orchidea in casa possa allontanare gli spiriti maligni.

Utilizzi del passato

In passato i tuberi radicali venivano bolliti, seccati e macinati per ottenere una farina simile alla fecola, chiamata salep.

Ricca di amidi e zuccheri, si credeva che avesse effetti benefici per la cura dell’infertilità sia maschile che femminile. Infatti i tuberi radicali hanno la forma degli organi riproduttivi maschili.

Inoltre veniva usata anche come emolliente, consigliata per le infiammazioni delle mucose e per la diarrea infantile. Nonostante oggi sia confermato che i suoi effetti terapeutici siano nulli, in passato le venivano attribuite anche elevate potenzialità antispasmodiche.

Come prendersi cura di un’orchidea?

L’orchidea di solito viene posizionata, insieme a un po’ di terreno, in un vasetto di plastica con dei fori sottostanti. Alcune volte esso non è visibile perché è nascosto dentro vasi di ceramica e altro materiale per abbellimento.

Il vasetto di plastica è importante perché contiene le radici dell’orchidea…. quando un’orchidea ha bisogno di acqua le radici sono argentee, altrimenti sono verdi.

L’orchidea generalmente va innaffiata per immersione una volta a settimana, posizionando l’orchidea con il suo vasetto di plastica in un recipiente contenente acqua.

Quando il colore delle radici è verdastro vuol dire che hanno ricevuto la quantità sufficiente di acqua.

È inoltre buona norma tenere le orchidee in una stanza della casa che sia raggiunta da molta luce… per loro è fondamentale. Attenzione però ai raggi diretti del sole!

Se la camera da letto è molto luminosa non aver paura di posizionare lì le tue orchidee…. infatti durante la notte non sottraggono ossigeno, anzi ne rilasciano una quantità sufficiente per migliorare la qualità del tuo sonno.

Leggi anche: Un buffa orchidea….un orchipupazza…

VARIETA’ DI ORCHIDEE FACILI DA COLTIVARE

Orchidea phalaenopsis

Tra le varietà di orchidee facili da coltivare, la Phalaenopsis è l’orchidea per eccellenza. I fiori sono di grandi dimensioni e i colori vanno dal tradizionale bianco al rosa, rosso, giallo, arancione, verde e viola intenso.

Per lei è sufficiente una media esposizione solare e un’ innaffiatura per immersione una/due volte a settimana a seconda della stagione.

Orchidea dendrobium

A differenza della precedente, questa varietà predilige l’irradiazione solare piena che le permette una fioritura di circa un mesetto.

Anche in questo caso l’irrigazione va effettuata solo nel caso in cui le radici aeree della pianta siano completamente asciutte, quindi una volta ogni settimana.

Orchidea paphiopedilum

Anche se meno affascinante delle seguenti, la Paphiopedilum rientra tra le orchidee più facili da coltivare. Ha bisogno di poca luce (va quindi collocata in penombra) e va innaffiata solo quando il substrato è completamente asciutto.

Orchidea oncidium

Detta anche “orchidea ballerina” per via della forma dei suoi fiori, è tra la varietà di orchidea che necessità di più luce. Va tenuta quindi in casa in stanze molto luminose. La sua fioritura è abbondante e i fiori hanno colori molto vivaci.

Strategie di impollinazione delle orchidee

L’impollinazione è molto importante per completare il ciclo riproduttivo della pianta.

Per questo molti fiori, come le orchidee, attraggono insetti e alcune volte uccelli per raggiungere il loro obiettivo. Un ruolo fondamentale viene svolto dalla fragranza del fiore…infatti gli insetti impollinatori hanno un apparato olfattivo più sviluppato di quello umano e vengono maggiormente guidati dagli odori.

Le sostanza odorose vengono sintetizzate a livello di piccole ghiandole (chiamate Osmofori) con secrezioni leggere molto volatili.

Alcune orchidee riescono ad elaborare le sostanze odorose facendole assomigliare ai feromoni, l’ormone che gioca lo stimolo chimico-sessuale degli animali.

Solamente la metà delle orchidee hanno un odore percettibile per l’uomo, mentre gli insetti percepiscono gli odori di quasi tutte le specie di questa grande famiglia.

Un ruolo importante viene poi offerto dalla forma del fiore.

All’interno delle orchidee un petalo è modificato in modo da attrarre l’insetto, esso viene quindi chiamato labello.

L’insetto intrigato dal labello segue un percorso sul fiore che lo porterà ad impollinarlo.

Questa strategia è molto utile per la pianta che viene così fecondata, ma non lo è per l’insetto che se ne va (quasi) a mani vuote. Infatti le orchidee non contengono molto polline.

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Campi di canapa: importanti per le api e per il nostro ecosistema…

Da tempo si cercano soluzioni contro il cosiddetto “Armageddon” degli insetti in corso, ossia l’enorme perdita di insetti, indispensabili per il nostro ecosistema, come le api, per le quali i campi di canapa rappresentano una salvezza.

A rivelarlo, ad esempio, una ricerca scientifica condotta dalla Cornell University e pubblicata su Environmental Entomology.

L’importanza dei campi di canapa per le api

Dallo studio è emerso che le api frequentano sempre più spesso le alte piantagioni di canapa di 11 diversi Stati degli USA in cui la coltivazione di piante di canapa è stata legalizzata anche a scopo ricreativo.

I pollini di queste piante, stando ai ricercatori, forniscono alle api una sorta di sollievo dopo la continua perdita di habitat legata all’uso agricolo e agli insetticidi.

Alle api piacerebbe moltissimo la canapa sativa che, stando allo studio, ha attratto e aiutato 16 diverse specie col suo polline che avrebbe compensato la carenza floreale delle zone agricole sin da fine estate.

Secondo i biologi, le piante di canapa costituiscono preziose risorse nutrizionali per le comunità di insetti, tanto che i coltivatori, i gestori del territorio e i responsabili politici dovrebbero sostenere le comunità di api, tenendo conto dell’attrattiva di tali piante per questi insetti, nello sviluppo di strategie di gestione degli infestanti.

I campi di canapa in Italia e la loro importanza

In Italia i campi di canapa sono aumentati del 1000% in soli 5 anni, in uno studio condotto tenendo in considerazione l’arco temporale che va dal 2013 al 2018, passando da 400 a quasi 4000, con centinaia di aziende agricole che hanno avviato la coltivazione di tale pianta, sparse per la Penisola, dalla Puglia, al Piemonte, dal Veneto alla Basilicata, come anche Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna.

Si parla di “new canapa economy“, in quanto da essa si ricavano:

  • oli usati per la cosmetica
  • resina e tessuti naturali per l’abbigliamento e per l’arredamento
  • eco-mattoni dalle ottime capacità isolanti e anti-umidità
  • bio-plastiche, molto più resistenti del polipropilene, eliminando rischi per la salute e connessi allo smaltimento del materiale

sino all’uso alimentare della canapa, i cui semi contengono proteine comprendenti tutti gli amminoacidi essenziali, in proporzione ottimale e facilmente digeribile.

L’importanza della coltivazione di canapa, stando a quanto riferito da Asso Canapa, Coordinamento nazionale per la canapa in Italia, è davvero forte in quanto essa rappresenta una risorsa in grado di fornire un aiuto efficace alla difesa dell’ambiente:

  • contrastando l’inquinamento
  • difendendo la biodiversità
  • migliorando la qualità dei terreni in cui viene piantata

La regolamentazione della coltivazione di canapa in Italia

Non ci si può improvvisare coltivatori di canapa ma occorre:

  • seminare una varietà di canapa iscritta nel Catalogo Europeo delle sementi
  • avere la fattura di acquisto del seme e il cartellino che ne attesti la certificazione (rilasciato dall’Istituto Pubblico incaricato dallo Stato in cui il seme è stato prodotto)
  • comunicare alla più vicina stazione delle Forze dell’Ordine la propria attività.

E’ possibile richiedere finanziamenti, contributi a fondo perduto e agevolazioni pubbliche per avviare la coltivazione di canapa.

Fatte queste doverose premesse, della pianta non si butta via nulla:

  • fiori e foglie, la cui percentuale di THC non può superare lo 0,2%, sono utilizzate per produrre birre e caramelle
  • gli oli essenziali sono presenti in molti profumi in commercio
  • il seme è utilizzato nell’alimentazione
  • dalla spremitura del seme decorticato si ottiene un olio per realizzare cosmetici, detergenti per il corpo, detersivi, lubrificanti e combustibili
  • le fibre, impiegate anticamente nella tessitura di vele per le imbarcazioni, oggi sono molto richieste nelle industrie tessili (per produrre capi d’abbigliamento e imbottiture di materassi), edili, ma anche pannolini, pannelli isolanti, mangimi per ruminanti, lettiere per cavalli.

 

Idrogeno su richiesta dall’acqua di mare o di rubinetto…

L’Indian Institute of Technology (IIT) di Madras, in uno studio pubblicato sulle pagine della rivista Acs Sustainable Chemistry Engineering, ha annunciato di aver sviluppato una tecnologia rivoluzionaria che permette di generare combustibile a idrogeno, partendo dalla normale acqua marina.

Se l’intuizione che non è una novità, diventasse un impianto producibile, si tratterebbe di una svolta epocale per la mobilità green, in quanto si tratterebbe di un’alterativa green all’impiego di combustibili fossili.

Idrogeno on demand

L’idrogeno verrebbe prodotto direttamente nel luogo di utilizzo, senza necessità di stoccaggio o trasporto, superando i problemi legati all’alta infiammabilità e capacità esplodente dell’idrogeno stesso.

Abdul Malek, del Dipartimento di Chimica dell’ITT ha dichiarato: “I materiali necessari per la produzione sono trasportati allo stato solido da un posto all’altro senza difficoltà, eliminando del tutto le questioni legate allo spostamento dell’idrogeno“, aggiungendo: “L’idrogeno è il futuro. Noi vogliamo renderlo il presente”.

La tecnologia sviluppata da Malek e dal suo team è in grado di generare idrogeno da qualsiasi fonte d’acqua ma, considerata la disponibilità di acqua marina, la loro attenzione si è concentrata soprattutto su di essa.

I ricercatori hanno dichiarato che il sistema da loro inventato genera il carburante premendo semplicemente un bottone che sposta l’acqua da un compartimento all’altro.

L’aggiunta di acqua controlla l’ammontare di idrogeno prodotto, rendendone il flusso gestibile in relazione alle necessità.

Il funzionamento del dispositivo ed il suo costo

L’idea sarebbe quella di rendere il dispositivo grande come una macchina da caffè, in modo che qualsiasi uomo comune possa premere un interruttore e produttore idrogeno quando richiesto.

Ma com’è strutturata l’invenzione?

  • il dispositivo contiene 2 scomparti, sovrapposti uno sull’altro:
  • gli utenti possono aggiungere acqua di mare o acqua di rubinetto dal compartimento superiore
  • nella sezione inferiore ci sono materiali che possono produrre idrogeno, scindendo le molecole di acqua
  • non appena quest’ultima viene aspirata, premendo il famoso bottone, all’interno del contenitore sottostante, si verifica la produzione di idrogeno
  • Il tubo di uscita dell’idrogeno, così prodotto, può essere collegato, tramite apposita pompa, ai motori delle auto e produrre elettricità.

Rimane comunque da chiarire l’ammontare dei costi per la produzione su vasta scala degli apparati ed i rischi dell’apparato di produzione dell’idrogeno on demand che potrebbe rivoluzionare il panorama mondiale dell’approvvigionamento green.

In 72 ore dall’ideazione alla realizzazione del prototipo fino all’uso del respiratore capace di collegarsi a due persone invece che una…

In 72 ore dall’ideazione alla realizzazione del prototipo, già testato e pronto per l’uso. Sono i respiratori capaci di collegarsi a due persone invece che una, che la Regione Emilia-Romagna sta per ordinare e utilizzare per far fronte all’emergenza.

“E’ come moltiplicare i pani e i pesci”, ha spiegato il commissario per l’emergenza, Sergio Venturi, rivelando che l’idea è venuta a un team guidato da Marco Ranieri, esperto di rianimazione, e subito realizzata da un’impresa di Mirandola: “Hanno costruito il primo prototipo, che è già al Sant’Orsola di Bologna: l’hanno testato e funziona.

Nei prossimi giorni saremo in grado di ordinarli e naturalmente andranno per primi a Piacenza e Parma, che sono i territori più in difficoltà”. Per Venturi, “si tratta di una notizia formidabile che ci riempie di orgoglio: molti, anche chi ci guardava con scetticismo, ci riconoscerà quello che siamo stati capaci di fare”.

Entusiasta la reazione del governatore Stefano Bonaccini: “72 ore per realizzare un circuito innovativo che permette di utilizzare un ventilatore polmonare per più pazienti contemporaneamente. Uno strumento messo a punto da un’azienda di Mirandola, nel distretto biomedicale modenese, che potrebbe rivelarsi fondamentale per moltiplicare i posti letto in terapia intensiva.

E’ già stato testato all’ospedale Sant’Orsola di Bologna e funziona” ha detto il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, a proposito del progetto messo a punto dalla Intersurgical. “Già nei prossimi giorni – prosegue – ordineremo quelli necessari e i primi saranno inviati nelle province dove la situazione è più critica.

E’ davvero una notizia straordinaria, che dice tanto della nostra terra. Ci siamo sempre rialzati, e lo faremo anche questa volta.