Creare corridoi per le api…

Parola d’ordine: salvare le api: È necessario per le api spostarsi da un’area all’altra anche passando nei centri cittadini. Lo scopo è quello di preservare le specie di api autoctone della zona ed educare il pubblico al riguardo. Un’azione interessante: grazie a questo percorso chiaro, questi insetti potranno riniziare a spostarsi tra varie aree e anche tra grandi parchi urbani.

Non c’è dubbio che le api siano essenziali per l’umanità. Grazie al loro compito di impollinazione, tante specie vegetali si sono diffuse in tutto il pianeta incluse la gran parte delle piante per colture alimentari. Ma anche nelle grandi città anche questi insetti sono vitali. Il motivo è che le città hanno bisogno di ossigeno fornito solo dalle piante che per riprodursi hanno bisogno di impollinazione. Ecco perché le aree verdi sono progettate nelle città. Gli agglomerati urbani hanno parchi e viali alberati che assorbono CO 2 e restituiscono ossigeno essenziale per la vita.

Il primo luogo dove si è decisa la creazione di un corridoio di 10 chilometri è il Brasile. Collegherà i due parchi più importanti di Brasilia: dal ”Parque da Cidade” al ”Parco Nazionale di Brasilia“. L’intenzione è piantare 45.000 alberi e attirare specie autoctone di api che si trovano nelle foreste vicino alla città.

80 volontari si sono messi a disposizione della piantagione di alberi mentre il governo locale ha assunto dei biologi per collaborare a questa azione. Per la riuscita dell’iniziativa è necessario uno sforzo congiunto di specialisti e di persone di buona volontà.

Un’ottima idea da trasportare anche in Europa dove aree agricole e i boschi sono spezzettati a causa di migliaia di piccoli insediamenti urbani.

Perchè l’Europa vuol mettere al bando l’aloe…

La foglia di aloe è stata dichiarata cancerogena dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA)

È molto tempo che i ricercatori lavorano su questo tema e in Italia ci sono diverse aziende medio-piccole che producono integratori alimentari o alimenti contenenti aloe-emodina, emodina o estratto dalla foglia di aloe, di conseguenza molti agricoltori hanno investito nella coltivazione di aloe.

I principi attivi delle aloe sono notoriamente efficaci per il miglioramento il transito intestinale e per la protezione e cura della pelle e di conseguenza utilizzate in modo sicuro nella nostra tradizione. Nonostante ciò, il loro uso alimentare è stato vietato in via precauzionale dalla Commissione Europea e presto stessa fine faranno le altre piante sotto sorveglianza (rabarbaro, senna e frangola).

L’aloe discriminata come la canapa?

Risale al 18 febbraio 2021 il tentativo da parte del Parlamento di contrastare questa proposta che però ha subito 55 voti contrari. La proposta che era in discussione in Parlamento è sproporzionata e discriminatoria visto che i dati epidemiologici e gli studi pre-clinici sono scarsi e contrastanti e non permettono di affermare che queste sostanze sono dannose per la salute umana.

L’applicazione del principio di precauzione non significa divieto automatico, deve portare all’approfondimento scientifico e alla ricerca della verità e per questo è fondamentale capire il ruolo degli interessi della grande industria. La decisione della Commissione è spinta anche da una battaglia tra i vari poteri e interessi industriali dove l’Italia, con la sua produzione di integratori alimentari a base di piante e altre sostanze naturali, si trova a rivaleggiare con i grandi gruppi farmaceutici tedeschi.

Non deve finire qua, bisogna continuare ad informare i cittadini ed intervenire all’interno delle istituzioni con tutti gli strumenti a disposizione. La sfida è: prodotti naturali contro prodotti sintetici, nel rispetto e per difesa della salute dei cittadini.

Neuralink e l’impianto di un chip wireless nel cervello di una scimmia…

Questa notizia fa parte di quelle che non vorremmo mai sentire: perchè mai si dovrebbe impiantare un chip nella testa di un primate? La risposta di Elon Musk è veramente disarmante: “cerchiamo di insegnarle a giocare a Mind Pong, un videogioco a controllo neurale. E magari riusciremo a farne giocare 2 insieme”. Che risultato eccezionale per l’umanità.

A parte la semplice questione tecnica che impone delle scelte etiche a chi sperimenta, questi procedimenti che dovrebbero essere vietati visto che un primate, ma anche un semplice ratto o un insetto, non deve essere utilizzato come una cavia ma dovrebbe essere lasciato libero di vivere nel proprio ambiente. Questi meccanismi sono evidentemente finalizzati ad applicazioni umane. Quindi, ben vengano nuovi strumenti per ridare la vista a chi non ce l’ha più o a chi ha perso arti in guerra, durante il proprio lavoro o per incidenti, ma proprio no se intendiamo generare degli esseri umani ad “intelligenza aumentata” che fanno pensare ai peggiori film di fantascienza passati sui nostri schermi.

Spero che questa notizia faccia pensare tutti quelli che stanno indirettamente finanziando queste allucinazioni di Elon Musk che ormai non ha più nemmeno il buon senso di nasconderle e asserisce di capire i sentimenti delle scimmie che vede felici mentre giocano. Smettiamo di acquistare i suoi prodotti e facciamogli capire che di Dio ce n’è uno solo e ci basta.

 

 

Temere la DAD è un falso problema…

Perchè parlare di didattica connessa al benessere? E’ semplice, la didattica a distanza ha cambiato le vite di milioni di famiglie che si sono trovate ad affrontare una situazione totalmente sconosciuta con delle ricadute a livello psicologico veramente pesanti. La sua prosecuzione ha sollevato un polverone di critiche da tutte le parti, genitori, studenti ed insegnanti. In realtà ciò accade perchè mancano le informazioni necessarie per un uso corretto di questo strumento che, se ben utilizzato e con le giuste competenze, può produrre grandi risultati. Siamo tutti d’accordo che la scuola sia un elemento aggregativo e sociale, ma dovremo aspettare ancora del tempo prima che siano superati i distanziamenti che oggi rendono la presenza in classe uno scarso strumento di socialità.

Intanto va detto che nessun metodo di insegnamento deve escludere gli altri e che quindi il miglior risultato si ottiene con un mix  additivo di risorse a disposizione. Poi il timore che gli studenti si aiutino con internet, whatsapp, genitori o anche solo copiando e quindi che la valutazione sia falsata, dipende dalla struttura degli strumenti di verifica e dal risultato che si vuole ottenere. Se si pensa alla classica verifica con conoscenze e obiettivi semplici, avere materiali a disposizione falsa i risultati. Ma i docenti stanno iniziando a cambiare approccio e creano verifiche e test in cui gli allievi – in presenza – hanno tutto o parte del materiale a disposizione perchè vengono richieste riflessioni, collegamenti, manipolazioni articolate dei contenuti. Da questo discende che la valutazione sommativa online può essere un ottimo strumento valutativo.

In questo contesto gioca un ruolo determinante il tempo: se il tempo è inferiore al consueto, anche avendo tutti i materiali a disposizione, se non si hanno idee chiare poco si potrà fare per descrivere bene gli argomenti indicati nel test. Chi non ha studiato affatto e non conosce a fondo i contenuti, faticherà a trovarli e ad organizzarli in un tempo ridotto. Diventa difficile anche solo trovare conoscenze e copiare una frase.

Vorrei fare qualche esempio pratico. Se per la valutazione ci si basa su conoscenza, comprensione ed analisi (usando i verbi ricordare, riconoscere, dire con termini propri, identificare, tradurre, classificare e dedurre), avere i materiali a disposizione falsa il risultato. Se invece si fanno sintesi, si valuta e si fanno confronti (usando i verbi pianificare, argomentare, proporre, creare e valutare) i materiali a disposizione sono un supporto che non falsa il risultato ma anzi aggiunge degli ulteriori parametri di valutazione. I ragazzi possono essere sollecitati a scegliere tra più procedure, a prevedere quali risultati inaspettati potrebbero generarsi, a prevedere cosa potrà succedere se si applicassero nuove variabili, a capire come influiscono elementi storici sulla vita di oggi.

I docenti dovranno passare da una didattica “orientata al risultato” ad una didattica “orientata al significato”. Per chi volesse approfondire può leggere la tassonomia di Bloom.

TassonomiaBloom_verbi-attivi-per-processi-cognitvi-1

 

 

 

La Danimarca ha detto addio al petrolio…

E’ passato un mese da quando il governo danese e diversi partiti di opposizione hanno concordato di sospendere il prossimo round di licenze e di fissare per il 2050 la fine totale dello sfruttamento petrolifero nel Mare del Nord, da cui viene estratto il petrolio Brent, riferimento per il greggio in Europa. La Danimarca, nonostante sia un piccolo produttore, produce più petrolio dell’intera UE dopo l’uscita del Regno Unito.

L’accordo, concluso poco prima della mezzanotte del 15 dicembre 2020, ha il sostegno di sei partiti che rappresentano più dei tre quarti dei seggi nel parlamento danese. La decisione arriva il giorno dopo che l’OPEC ha annunciato un accordo per recuperare gradualmente i livelli di produzione del greggio dopo i tagli a causa del covid.

La decisione arriva dopo che la francese Total ha annunciato pochi mesi fa il ritiro della sua domanda, così come altre due società delle quattro inizialmente interessate, che avevano provocato un rinvio dell’ottavo round di licenze.

La Danimarca è il più grande produttore di petrolio dell’Unione Europea (UE), dopo la partenza del Regno Unito, con circa 137.000 barili al giorno nel 2019, numero 39 a livello mondiale, ben lontana dalla produzione dei grandi. Tuttavia, il mondo produce circa 100 milioni di barili al giorno, paesi come Stati Uniti, Russia o Arabia Saudita pompano circa 10 milioni di barili al giorno. La Danimarca è un granello di sabbia nel deserto.

“Abbiamo posto fine all’era del fossile e stabilito una linea di demarcazione tra le nostre attività nel Mare del Nord e l’obiettivo della legge sul clima, approvata nel 2019, di raggiungere la neutralità delle emissioni entro il 2050″, ha affermato il ministro Energia, Dan Jørgensen.

La Danimarca ha iniziato la sua attività petrolifera nel Mare del Nord nel 1972 e attualmente ha 55 piattaforme in 21 giacimenti, 15 di petrolio e 6 di gas, che saranno anch’esse smantellate.

Dall’inizio dello sfruttamento nel Mare del Nord, lo stato danese ha guadagnato circa 514.000 milioni di corone (69 miliardi di euro) e prevede di ottenere tra 88 e 240.000 milioni di corone (12 e 32 miliardi di euro) fino al 2050, secondo i dati di la Direzione Generale dell’Energia.